Una specifica disposizione contenuta nella Legge n. 30/1997, ha integrato il comma 2 dell’articolo 26 D.P.R. n. 633/72, stabilendo che se un’operazione, per la quale sia stata emessa regolare fattura viene meno in tutto o in parte per il mancato pagamento (totale o parziale) del corrispettivo a causa di procedure concorsuali, o di quelle esecutive rimaste infruttuose, il soggetto che ha emesso, o registrato, la fattura può attivare la procedura di variazione in diminuzione.
Sul punto, sono stati forniti importanti chiarimenti dall’Amministrazione Finanziaria con le circolari n. 77/E/2000 e 89/E/2002, precisando il momento a partire dal quale il cedente del bene, o il prestatore del servizio, può eseguire la variazione in diminuzione delle fatture rimaste insolute.
In particolare, nel vostro caso, e cioè fallimento, le variazioni in diminuzione (note di credito) possono essere eseguite solo dopo che il piano di riparto del fallimento sia divenuto definitivo, ovvero, in assenza di un piano di riparto, alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento.
In base al disposto di cui al comma 2 dell’articolo 26 D.P.R. n. 633/72, solo attraverso l’emissione di una variazione in diminuzione della base imponibile, è possibile esercitare il diritto alla detrazione dell’imposta corrispondente alle variazioni, ai sensi dell’articolo 19 dello stesso decreto. Inoltre, le stesse variazioni in diminuzione possono essere effettuate senza alcun limite temporale: si supera, così, il termine perentorio disciplinato, invece, dal comma 3 dello stesso articolo 26 D.P.R. n. 633/72.
Tuttavia, la disciplina di cui al comma 2 articolo 26 D.P.R. n. 633/72 deve essere coordinata con quella concernente l’esercizio del diritto alla detrazione di cui all’articolo 19. Di conseguenza, da un lato le variazioni in diminuzione possono essere effettuate senza limiti temporali, dall’altro il diritto alla detrazione dell’imposta può essere esercitato al più tardi con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui si verifica il presupposto per operare la variazione in diminuzione.
Da un punto di vista operativo, quindi, anche sulla base di quanto affermato nella sentenza di Cass. Civ. n. 128131/2002, se il debitore è assoggettato a procedura concorsuale od esecutiva, il relativo credito può essere “girato” a perdita o al “fondo svalutazione crediti” solo nel momento in cui si acquista la certezza che il credito non possa più essere soddisfatto (gli elementi di certezza e precisione sono soddisfatti con l’apertura della procedura di fallimento).
Pertanto, nella vostra situazione, solo sulla base di elementi certi e precisi (comma 5 articolo 101 T.U.I.R.), potrete provvedere allo stralcio del credito, vantato nei confronti del vostro cliente, con l’utilizzo del fondo svalutazione crediti, che da quanto indicato nel quesito risulta essere capiente. Tale utilizzo può avvenire a partire dall’esercizio di apertura della procedura concorsuale, ed entro l’esercizio di chiusura della stessa.
Successivamente, solo con la definizione del piano di riparto, o alla scadenza del termine per il reclamo al decreto di chiusura del fallimento, potrete emettere una nota di credito (del solo importo relativo all’I.V.A. in precedenza dovuta) nei confronti del vostro cliente, e procedere, così, all’esercizio del diritto di detrazione di cui all’articolo 19 D.P.R. n. 633/72. Ovviamente, l’emissione della nota di credito per il solo importo dell’I.V.A. in precedenza dovuta, avrà come contropartita contabile l’utilizzo del mastrino “sopravvenienze attive”, se l’emissione della stessa avviene in un esercizio successivo a quello di competenza del ricavo originario.