Quesiti e approfondimenti

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CONTRATTI E PAGAMENTI: IL CORONAVIRUS E’ CAUSA DI SOSPENSIONE DEGLI OBBLIGHI?

 

Con l’avvento improvviso del COVID19 dagli ultimi giorni del mese di gennaio soprattutto in Lombardia ed in Veneto gli imprenditori si sono trovati ad affrontare uno scenario difficile e sconosciuto, soprattutto con riguardo ai rapporti contrattuali con Clienti e Fornitori.

Il panico generato dalle notizie di diffusione del virus e le stringenti misure prese dal Governo per arginare l’epidemia hanno e continuano a generare una fortissima flessione della domanda interna e, di conseguenza, una crisi di liquidità con particolare menzione di tutte le attività considerate “non essenziali” prima dal DPCM dell’11 marzo 2020 e ora dal DPCM del 22 marzo 2020.

La conseguenza immediata, sul piano giuridico, è stato l’invio generalizzato e confuso di richieste di sospensione, di cancellazione di contratti o dichiarazioni di sospensione o dilazione dei pagamenti, con riferimenti più o meno conferenti con la disciplina del codice civile.

Si propone qui di seguito uno schema di risposta alle principali domande rivolte allo Studio, finalizzato ad evitare che, una vota passata l’emergenza, l’impresa sia esente da qualsiasi responsabilità.

Posso decidere unilateralmente di sospendere o non pagare il canone di un contratto di locazione?

In linea prudenziale No. Per sospendere, dilazionare o non pagare il canone di locazione c’è bisogno di un accordo tra Locatore e Conduttore.

Si leggono in questo periodo molte comunicazioni di conduttori che invocano l’applicabilità degli articoli 1218 – 1256, 2° comma o anche, 1467 del codice civile. Si tratta della normativa dettata in tema di impossibilità temporanea ad eseguire una prestazione e di eccessiva onerosità sopravvenuta.

Senza entrare in eccessivi tecnicismi, si deve generalmente escludere l’applicabilità di tale normativa alla fattispecie in esame in quanto la prestazione dovuta, ossia il pagamento di una somma di denaro è certamente possibile.

La lettera di richiesta di sospensione temporanea del pagamento dei canoni o riprogrammazione dei pagamenti deve essere scritta in modo tale da non concedere al locatore la possibilità di ricorrere al Tribunale per chiedere l’immediato pagamento del dovuto: in particolar modo si devono evitare dichiarazioni di trovarsi nell’impossibilità finanziaria di effettuare il pagamento oppure di cancellare unilateralmente i canoni per una o più mensilità. Il rischio derivante dalla scrittura di una lettera “poco

avveduta” è quelli di ricevere la notifica di un decreto ingiuntivo di pagamento immediatamente esecutivo oppure una lettera di risoluzione del contratto.

Una speranza per i conduttori può nascere dall’esame del filone giurisprudenziale che tratta, invece, della causa concreta del contratto di locazione commerciale.

In pratica, secondo questa teoria, il fatto che il conduttore per causa a lui non imputabile non possa effettivamente godere dell’immobile lo intitolerebbe a chiedere una riduzione del canone di locazione per il periodo in cui non possa esercitare l’attività imprenditoriale.

L’applicabilità di tale teoria va studiata “caso per caso”, approfondendo le conseguenze effettive del Coronavirus sul tipo di attività imprenditoriale esercitata dal Conduttore.

Attenzione! Il DPCM del 16 marzo (art. 65) prevede la concessione di un credito di imposta utilizzabile in compensazione nella misura del 60 % dell’ammontare del canone di locazione, relativo al mese di marzo 2020, di immobili rientranti nella categoria catastale C/1.

Qual è la sorte dei contratti alberghieri termali, turistici o di servizi relativi ad eventi pubblici (matrimoni, funerali o altre funzioni)? Qual è la sorte delle caparre e degli anticipi?

Per rispondere alla domanda sono necessarie delle precisazioni. Sicuramente, con l’istituzione della cd. “zona rossa” DPCM 8 marzo 2020 tutte le prestazioni oggetto della domanda sono diventate sostanzialmente impossibili. In tutto il Veneto e nelle altre zone rosse (poi esteso il 10 marzo in tutta Italia), infatti, è stato posto un divieto assoluto di svolgere attività di “palestre, centri sportivi, piscine, centri natatori, centri benessere, centri termali”, e “Sono sospese le cerimonie civili e religiose, ivi comprese quelle funebri”, nonché “sono consentite le attivita’ di ristorazione e bar dalle 6.00 alle 18.00, con obbligo, a carico del gestore, di predisporre le condizioni per garantire la possibilita’ del rispetto della distanza di sicurezza interpersonale di almeno un metro”.

Giuridicamente, dall’8 marzo in poi, i contratti devono intendersi risolti per l’impossibilità di eseguire la prestazione caratteristica degli stessi, in quanto vietata per legge.

Non essendoci alcun inadempimento o comportamento colpevole o imputabile ad alcuna delle parti in linea di massima la soluzione più corretta è quella della restituzione integrale delle caparre e degli anticipi, salve eventuali spese da valutare caso per caso. Non è dovuta la restituzione del doppio della caparra in quanto l’art. 1385 del codice civile prende in considerazione solo il caso di inadempimento colpevole, che, nel caso che ci occupa evidentemente non sussiste.

Nel periodo che va dal 23 febbraio (data del decreto legge n. 6, con cui si istituivano le prime “zone rosse”) al 7 marzo non c’era alcuna impossibilità di eseguire la prestazione quindi l’eventuale rinuncia del Cliente a ricevere la prestazione non era oggettivamente giustificata. In linea teorica quindi il prestatore di servizi potrà trattenere la caparra, mentre dovrà restituire l’acconto del prezzo, salvo il risarcimento del danno.

Sul punto, tuttavia, si deve sottolineare che una sempre più consistente giurisprudenza, in casi simili a questo ravvisa il diritto del consumatore di recedere dal contratto senza alcun tipo di penalità.

Nel periodo precedente al 23 febbraio, sempre salva l’applicabilità, caso per caso, dell’orientamento giurisprudenziale appena citato, l’albergatore potrà validamente trattenere le caparre ricevute.

Qual è la sorte dei contratti di trasporto di merci?

In Italia, al momento, non ci sono restrizioni sul trasporto di merci. Diverso è il discorso per il trasporto di merci da o per altri paesi.

Molti paesi stranieri, anche europei, hanno instaurato una serie di limiti per i trasporti provenienti da una

lista di paesi, tra cui l’Italia, soprattutto per i mezzi che non sono solo in transito.

La situazione normativa è in continua evoluzione e aggiornamento. Ciò che si rileva è che, per tutti questi casi in cui sono previsti divieti o particolari procedure per il transito, il ritardo nell’esecuzione della prestazione di trasporto delle merci può essere scusato. Ciò significa che:

  • non possono essere applicate penali per il ritardo;
  • non possono generalmente essere risolti i contratti per inadempimento.

Addirittura, per come è previsto nei contratti più evoluti, il venditore/produttore italiano potrebbe opporre ai Clienti la difficoltà di reperimento della materia prima come causa di aumento del prezzo dei prodotti o come causa di dilazione nelle consegne.

Quanto detto vale per i contratti sottoposti al diritto italiano o di altri paesi soprattutto di matrice di civil law.

Qual è la sorte dei Contratti d’Appalto?

In linea generale i contratti d’Appalto rimangono eseguibili, poiché ad oggi non è stata decisa alcuna sospensione da parte del Governo, e quindi l’Appaltatore non può unilateralmente decidere la proroga dei tempi d’esecuzione del contratto.

L’appaltatore, poiché sempre organizzato in modo imprenditoriale, risponde in proprio del rischio di difficoltà nell’esecuzione della prestazione, sia per quanto concerne i costi (entro i limiti dettati dall’art. 1664 del codice civile) che i tempi di esecuzione.

Ciononostante, si deve tener conto che il Direttore dei Lavori, il Responsabile dei Lavori e il Coordinatore per la sicurezza in fase di esecuzione sono sicuramente i primi soggetti obbligati a verificare la salubrità del cantiere e a disporre le eventuali modifiche dei piani necessarie a tutelare i lavoratori.

L’Appaltatore è quindi obbligato ad eseguire la propria opera rispettando il “Protocollo condiviso di regolamentazione delle misure per il contrasto e il contenimento della diffusione del virus Covid-19 negli ambienti di lavorohttp://www.governo.it/sites/new.governo.it/files/protocollo_condiviso_20200314.pdf pubblicato il 14 marzo.

Ove, per la particolare conformazione del cantiere, l’applicazione delle norme sia impossibile o oltremodo difficoltosa, l’Appaltatore potrebbe chiedere un allungamento dei tempi dell’esecuzione dell’opera.

Attenzione: Con l’entrata in vigore del DPCM del 22 marzo 2020 prima e del DPCM del 25 marzo 2020 (in vigore dal 26 marzo) possono invece invocare come causa di forza maggiore (per i contratti sottoposti alla normativa italiana) la sospensione della propria attività ai sensi della predetta legge tutti le imprese il cui codice ATECO non è previsto nelle eccezioni all’applicazione della normativa.

Avv. Andrea Bortolotto

 

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