Quesiti e approfondimenti

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Assegnazione di azioni ai dipendenti di S.p.A.

Col termine stock option si indicano spesso due situazioni simili ma in realtà diverse:

1) l’assegnazione diretta di azioni

2) il riconoscimento di stock option

1) L’assegnazione diretta di azioni può essere fatta a titolo gratuito oppure oneroso.

Nella prima ipotesi, la strada da percorrere sarebbe quella di deliberare un aumento gratuito di capitale sociale (da liberarsi utilizzando le riserve esistenti), con modifica dello statuto, e la successiva assegnazione delle nuove azioni ai dipendenti.

Nella seconda, a titolo oneroso, si andrebbe invece a deliberare un aumento a pagamento di capitale sociale da offrire in sottoscrizione ai soli dipendenti o, in alternativa, l’acquisto di azioni esistenti da parte della società e la successiva cessione ai dipendenti (altra ipotesi, “extrasocietaria” e meno onerosa, quella della cessione diretta di azioni dai soci esistenti ai nuovi entranti).

2) Il riconoscimento di stock option consiste invece nell’attribuire oggi ai dipendenti il diritto di acquistare in futuro, a partire da una certa data e per un certo periodo, le azioni della società ad un prezzo che viene fissato già oggi. Solitamente le stock option prevedono un periodo minimo obbligatorio di detenzione delle azioni, una volta acquistate.

Tecnicamente l’assemblea dei soci va a deliberare oggi l’attribuzione agli amministratori del potere di aumentare il capitale sociale in futuro, alle condizioni fissate per l’esercizio delle stock option.

E’ chiaro che si tratta di due meccanismi diversi: il primo fa entrare già oggi i nuovi soci ed ha un effetto premiale “sul passato”; il secondo vede un ingresso eventuale (solo qualora i dipendenti decidano di esercitare le stock option) nel futuro ed ha un effetto incentivante, dato che incita i detentori a veder crescere il valore delle azioni ad un livello superiore rispetto al prezzo di acquisto indicato nelle stock option stesse.

Le stock option sono per loro natura a pagamento: ovviamente è però possibile fissare un prezzo di acquisto anche talmente basso da rendere l’esercizio dell’opzione quasi gratuito.

Ciò premesso, in generale, la tassazione di tali fattispecie in capo alle persone fisiche è la seguente:

1) l’assegnazione di azioni viene a costituire reddito di lavoro, in capo al dipendente, sotto forma di fringe benefit, per un importo pari al valore normale delle azioni (al quale sottrarre l’eventuale somma versata dal dipendente), che è determinato in proporzione al valore del patrimonio netto della società.

Quindi, banalmente, l’attribuzione gratuita (senza alcuna corresponsione da parte del dipendente) di azioni che rappresentino il 20% del capitale sociale ha un valore normale pari al 20% del patrimonio netto.

2) la “semplice” attribuzione di stock option non produce invece effetti reddituali, che si verificano solo se la stock option viene esercitata: a quel punto il fringe benefit è calcolato come differenza fra il valore normale delle azioni, come individuato al punto 1), e il prezzo di acquisto stabilito nelle stock option stesse.

La successiva eventuale cessione delle azioni produce capital gain come differenza fra il prezzo di cessione ed il valore normale già tassato come fringe benefit (ricordiamo che il fringe benefit è tassato come lavoro dipendente ed è assoggettato a contribuzione Inps).

Con riferimento alle Start up (e PMI) innovative, è proprio l’assegnazione (sia nell’ipotesi 1 che 2) che viene interamente detassata (ed esentata da contribuzione Inps) in capo alla persona fisica. Quindi non costituisce alcun fringe benefit la ricezione di azioni “diretta” o l’esercizio di una stock option.

Tuttavia la successiva, eventuale e futura, cessione delle azioni, non è priva di conseguenze reddituali. In questo caso, infatti, la cessione produce sempre un capital gain ma sull’intero prezzo di cessione, posto che per la persona fisica il valore fiscale delle azioni ricevute (senza tassazione) è pari a zero.

Se invece le azioni venissero riacquistate dalla stessa società emittente, ciò costituirebbe causa di decadenza dall’agevolazione, con la conseguenza che si dovrebbe, al momento dell’acquisto:

– tassare come fringe benefit il valore normale delle azioni al momento dell’assegnazione;

– tassare come capital gain la differenza positiva fra il prezzo di acquisto e detto valore normale.

In conclusione, se la volontà è quella di realizzare uno strumento incentivante, si potrebbe anche pensare all’utilizzo dei c.d. “strumenti finanziari partecipativi” di cui all’art. 2349 c.c., che la società può emettere e modellare come crede, dando ai dipendenti ad esempio una legittima aspettativa agli utili ma, come dice la norma “con norme particolari riguardo alla forma, al modo di trasferimento ed ai diritti spettanti agli azionisti”. Tali strumenti possono essere rappresentati da azioni ma anche da altri strumenti che non diano la qualifica di socio e possono attribuire o meno diritti di voto oppure il diritto di voto su materie particolari.

Si tratta di una interessante opportunità prevista per le S.p.A. che contempera la volontà di incentivare i dipendenti, legando la loro utilità ai risultati sociali, senza che questi divengano necessariamente soci o almeno dando loro diritti di voto limitati.

Ai fini fiscali, anche con riferimento alle particolarità previste per Start up e PMI innovative, valgono per gli Strumenti Finanziari Partecipativi le medesime considerazioni svolte con riferimento alla ipotesi di assegnazione diretta delle azioni.

 

 

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