Quesiti e approfondimenti

Condividi:

Concorrenza sleale, teoria e pratica

La normativa sulla concorrenza sleale costituisce una manifestazione d’affetto del nostro ordinamento nei confronti della figura dell’imprenditore. Come tale, si vorrebbe presumere che essa susciti un particolare interesse nella categoria di riferimento.

In questa sede si evidenzia come la “concorrenza sleale” sia una disciplina sviluppatasi proprio intorno alla tutela del soggetto “imprenditore”. In particolare si tratta della difesa dell’imprenditore “corretto” nei confronti dell’imprenditore “scorretto”.

Il requisito soggettivo necessario per l’applicazione della normativa sopra richiamata è, infatti, quello di ricoprire la qualifica di imprenditore. Ciò sia sul lato passivo (chi subisce l’atto di concorrenza sleale), che sul lato attivo (chi compie l’atto di concorrenza sleale, anche qualora si trattasse di un soggetto terzo comunque riconducibile/connesso ad un imprenditore).

La disciplina in oggetto affonda le sue radici nella Costituzione, in particolare nell’art. 41 Cost sul diritto/libertà di iniziativa economica. Questa disposizione fondamentale nasce dalla convinzione per cui la concorrenza sia deputata ad assicurare il trionfo del più economicamente degno. Non si potrebbe certo parlare di libertà di iniziativa fra concorrenti, qualora non fosse possibile confidare nella reciproca correttezza. Allo stesso modo, non sarebbe stato lecito aspettarsi, in un duello cavalleresco, che uno dei contendenti combattesse a mani nude qualora l’altro fosse armato.

Ne consegue che il secondo requisito per l’applicazione della disciplina sulla concorrenza sleale sia l’esistenza di un “tenzone”. I due imprenditori devono trovarsi in una situazione di reciproca concorrenza, anche potenziale. In aggiunta, l’atto che si assume come “sleale” deve essere idoneo a danneggiare il concorrente.

Queste le basi teoriche (e teleologiche) della normativa in oggetto. A questo punto, si sottolinea come la sua applicazione pratica sia, in buona parte, strutturata intorno al dettato dell’art. 2598 c.c. Tale articolo prevede tre distinte ipotesi di concorrenza sleale corrispondenti ai tre commi di cui si compone, le prime due tipiche e la terza che considereremo, per semplicità, come residuale. L’obiettivo di questa trattazione è quello di fornire alcuni esempi con riferimento alla categoria dai contorni più indistinti (quella “residuale”). Questi esempi, sommati alle prime due fattispecie già definite dalla legge, potranno dare al lettore un’idea di massima dei confini della disciplina sulla concorrenza sleale.

La prima categoria, corrispondente all’art. 2598, primo comma, c.c., tratta della c.d. “concorrenza per confusione” (adozione di nomi e segni altrui) e la seconda categoria, corrispondente al secondo comma, riguarda la “denigrazione ed appropriazione di pregi altrui”. Al contrario, la terza categoria ha, come già accennato, caratteri più evanescenti. Il terzo comma dell’art. 2598 c.c. prevede, infatti, che “compie atti di concorrenza sleale colui che si vale direttamente o indirettamente di ogni altro mezzo non conforme ai principi della correttezza professionale e idoneo a danneggiare l’altrui azienda”. Si noti come il testo di tale disposizione si limita a riprendere per sommi capi le finalità generali della disciplina sulla concorrenza sleale (assicurare la correttezza e la parità delle armi nel duello). E’ lasciato all’interprete il compito di valutare se i singoli casi pratici rispondano o meno a tali finalità.

Vengono in aiuto la giurisprudenza e la dottrina. Queste hanno individuato, negli anni, i seguenti esempi concreti di concorrenza sleale:

  • la c.d. “pubblicità menzognera”. E’ il comportamento di chi attribuisce, a sé o ai propri prodotti, qualità non possedute. Invero deve trattarsi di qualità non appartenenti neppure alla concorrenza (altrimenti si ricadrebbe nell’ipotesi già descritta al secondo comma dell’art. 2598 c.c.). Ciò non solo nel caso in cui il pregiudizio si riferisca ad un singolo concorrente, ma anche in cui la pubblicità menzognera risulti generalizzata, con potenziale lesione degli interessi di tutti gli imprenditori concorrenti;
  • la c.d. “vendita sottocosto”“dumping”. Le conseguenze di tale comportamento frequentemente sfociano nell’eliminazione dei concorrenti dal mercato. La giurisprudenza ritiene questa condotta sleale di per sé, senza che debba essere provato lo specifico fine di cancellare la concorrenza;
  • il c.d. “storno di dipendenti o collaboratori”. Si concreta nel passaggio di dipendenti/collaboratori da un’azienda ad un concorrente, accompagnato da elementi indicativi della finalità di attuare una condotta sleale (si tengano in considerazione il numero di dipendenti stornati, le loro specifiche qualifiche professionali, la loro abilità etc.) ed il metodo utilizzato per lo storno (come potrebbe essere uno specifico piano di privazione del personale qualificato di un’azienda attraverso sistematiche offerte di assunzione con corrispondente aumento di retribuzione);
  • il c.d. “spionaggio industriale”. E’ il caso, per esempio, di chi si procura importanti segreti aziendali di un concorrente mediante la corruzione di dipendenti di questo;
  • la c.d. “concorrenza parassitaria”. E’ propria di chi continuamente e sistematicamente imita le iniziative imprenditoriali di uno o più concorrenti. Egli invero non dovrebbe arrivare a confondersi con i concorrenti per non ricadere nell’ipotesi di cui al primo comma dell’art. 2598 c.c. Tale comportamento assume rilievo nel momento in cui si colloca nel breve periodo in cui l’imprenditore “attaccato” può ragionevolmente auspicare di avere degli effetti positivi dalle proprie iniziative in termini, per esempio, di incassi, pubblicità o avviamento;
  • il c.d. “boicottaggio economico”, anche se solo tentato. E’ comportamento integrato dal rifiuto irragionevole da parte di un imprenditore (in posizione di particolare forza contrattuale) di contrarre, o di far contrarre altri imprenditori ad esso più o meno assoggettati, con un proprio concorrente. Ciò al solo scopo di estromettere il concorrente dal mercato.

Ci si augura che sempre più imprenditori possano prendere coscienza di un’eventuale concorrenza sleale a loro danno. Essi potranno così valersi dell’apposita tutela legale messa a loro disposizione dall’ordinamento.

Hai un quesito da inviarci?

RICHIEDI UN PREVENTIVO PER IL TUO QUESITO
 

Email: info@admassociati.it