Quesiti e approfondimenti

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Qualificazione ai fini IVA della realizzazione di stampi

Con riferimento al quesito posto in merito alla qualificazione ai fini IVA della realizzazione di stampi, si rileva innanzitutto che la Circolare n. 43/E dell’Agenzia delle Entrate del 6 agosto 2010, citata nel testo del quesito, qualifica come prestazione di servizio generica lo sviluppo di stampi per la fabbricazione di calzature, mentre dalla copia dell’ordine, che ci è stato inviato a titolo esemplificativo, risulta che la prestazione consiste nella realizzazione di uno stampo. A nostro avviso si tratta quindi di una prestazione più ampia che non prevede solamente lo sviluppo e quindi la fase di progettazione dello stampo, ma anche la fase di costruzione dello stesso. Inoltre, detto stampo, una volta realizzato, viene inviato in un paese comunitario, nel caso di specie in Germania, per esservi ivi utilizzato. Lo stampo quindi non viene utilizzato in Italia, come nell’esempio esposto nella C.M. n. 13 del 23/02/1994, richiamata anche nella circolare di cui sopra. Si ritiene pertanto che il caso specifico da proposto non ricada nell’ambito di quanto trattato dalle circolari citate.

 

Detto quanto sopra, si procede ora all’analisi del caso specifico che ci è stato sottoposto ed in merito si rileva innanzitutto che sulla base della documentazione che ci è stata fornita, riteniamo che la prestazione nel suo complesso possa essere ricondotta all’istituto del contratto d’appalto, indipendentemente da quanto indicato nell’intestazione del contratto sottoscritto fra le parti. Ai sensi dell’art. 1655 c.c. l’appalto è ”il contratto con il quale una parte assume, con organizzazione dei mezzi necessari e con gestione a proprio rischio, il compimento di un’opera o di un servizio, verso corrispettivo in denaro”.

La Cassazione ha inoltre stabilito nella sentenza n. 7697 del 26 novembre 1993, che si tratta di contratto di appalto quando un imprenditore assume l’obbligo di fornire un manufatto, la cui produzione rientra nella sua normale attività, apportando però modifiche sostanziali, richieste dalla controparte, relative alla forma, alla misura e alla qualità dell’oggetto fornito e non consistono semplicemente in accorgimenti marginali.

 

Per quanto attiene le operazioni effettuate con operatori residenti in altri Stati membri dell’UE, si osserva in primo luogo che, ai sensi dell’art. 5, n.1, della sesta direttiva, si considera cessione di bene il trasferimento del potere di disporre di un bene materiale come proprietario.

Secondo la giurisprudenza della Corte dell’Unione Europea, dal testo di tale disposizione risulta che la nozione di cessione di un bene non si riferisce al trasferimento di proprietà nelle forme previste dal diritto nazionale vigente, bensì comprende qualsiasi operazione di trasferimento di un bene materiale effettuata da una parte che autorizza l’altra parte a disporre di fatto di tale bene come se ne fosse il proprietario, a prescindere quindi dall’atto giuridico a tale fine stipulato.

Ne consegue che la consegna di un bene ad un soggetto passivo UE, in altro stato membro, configurerebbe una cessione intracomunitaria.

 

Tuttavia tale conclusione va vista alla luce dell’art. 121 della direttiva 112/2006, in base al quale per “consegna di un lavoro eseguito in base a contratto d’opera (quindi prestazione di servizi, ndr), si intende la consegna da parte del prestatore d’opera al suo cliente un bene mobile che ha prodotto o assemblato utilizzando materiali o oggetti affidatigli dal cliente a tal fine, indipendentemente dal fatto che il prestatore abbia fornito o meno una parte dei materiali utilizzati”.

Tale precisazione ha portato alla soppressione dell’art. 41, comma 2, lettera a) del D.L. 331/1993, che invece assimilava alle cessioni di beni intracomunitari “la consegna in dipendenza di contratti d’opera, d’appalto e simili, nel territorio di altro Stato membro, a committenti soggetti passivi di imposta o a terzi per loro conto, di beni prodotti, montati o assiemati nel territorio dello Stato utilizzando in tutto o in parte  materie o beni spediti nel territorio stesso o comunque forniti dai committenti o da terzi per loro conto”.

 

Di conseguenza e concludendo, attualmente, configura una cessione intracomunitaria l’appalto per la cessione di beni qualora la materia prima sia fornita integralmente dal prestatore/appaltatore. Viceversa, qualora la materia prima sia fornita in tutto o in parte dal committente, si tratta di operazione di qualificare come lavorazione su beni mobili da assoggettare ad iva nello stato del committente.

 

Nel caso prospettato, non emergendo dal contratto alcuna indicazione in merito alla circostanza che la materia prima sia fornita dal committente, si ritiene corretta l’emissione della fattura per cessione intracomunitaria di beni ai sensi dell’art. 41 del D.L. 331/1993, sempre che ricorrano le condizioni  essenziali che il bene prodotto sia trasferito dallo Stato del prestatore a quello del committente successivamente alla sua realizzazione e che il committente sia identificato, ai fini IVA, in un altro Stato membro.

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