Quesiti e approfondimenti

Ricezione fatture elettroniche per operazioni inesistenti

D: In questi giorni tramite Sdi ricevo fatture di servizi mai richiesti. Devo registrare e poi chiedere la nota credito oppure ignorare?

R: Le disposizioni in tema di fatturazione elettronica non prevedono la possibilità di rifiutare fatture che siano passate per il Sistema di interscambio. In altre parole, qualora si ricevesse una fattura per operazioni mai avvenute, non è ammessa alcuna comunicazione in ordine a tale “rifiuto” nei confronti dello Sdi, nei rapporti B2B e B2C (FAQ n. 18 del 27 novembre 2018 come anche in Circ. 14/E/19 par. 3.5). Il Fisco sostiene infatti che la gestione dell’irregolarità debba restare circoscritta al rapporto tra le parti, tramite i consueti mezzi di comunicazione (sono da preferire le comunicazioni via PEC alle semplici e-mail o telefonate).

Ciò si riflette inevitabilmente sul cessionario che abbia ricevuto fatture per beni mai ricevuti e servizi mai richiesti, qualificabili come fatture errate, o meglio, riferite a operazioni inesistenti. In tal caso, infatti, il soggetto non potrà che procedere a un sollecito nei confronti del “fornitore”, richiedendo l’emissione di una nota di credito a rettifica di quando indebitamente addebitatogli. Risulta consigliabile, in dette comunicazioni, descrivere nel dettaglio quanto avvenuto e i motivi per i quali il documento viene rifiutato, ciò in quanto si tratterebbe degli unici elementi probatori in caso di eventuali controlli fiscali.

Quanto alla registrazione del documento, dopo aver adeguatamente informato il soggetto che ha emesso la fattura per operazioni inesistenti, occorrerà astenersi non solo dal pagamento di quanto erroneamente addebitato, ma altresì dal registrare la stessa fattura e quindi operare la detrazione del tributo, fino al ricevimento della eventuale relativa nota di variazione, ex art. 26, D.P.R. n. 633/1972, per erronea imputazione. Infatti, in caso di fatturazione di operazioni inesistenti, la registrazione del documento non risponderebbe al principio di inerenza ex art. 109 DPR 917/1986 e art. 19 DPR 633/72.

Nel caso particolare dell’IVA, l’obbligo di registrazione sussiste infatti per le sole “fatture o bollette doganali relative a beni e servizi acquistati o importati nell’esercizio dell’impresa, arte o professione”, escludendo dunque i documenti ricevuti per errore o relativi a operazioni mai avvenute. Quest’ultimo non risulta un aspetto da sottovalutare, in quanto, l’art. 2 del D.lgs. 74/2000, recentemente modificato dall’art. 39, comma 1,  lett.  a), D.L. n.  124/2019,  convertito  con  modificazioni  dalla  L. n. 157/2019, prevede una pena detentiva da 4 a 8 anni per i soggetti che, a fini evasivi, avvalendosi di fatture o documenti per operazioni inesistenti, indichino in dichiarazione elementi fittizi erodendo così la base imponibile e conseguendo un credito Iva di fatto inesistente. Permane invece la detenzione da 1 anno e sei mesi a 6 anni se l’ammontare degli elementi passivi fittizi risulta inferiore a euro 154.937,07.

Secondo la normativa penale tributaria (art. 1 D.lgs. 74/2000), vi sono tre casistiche di “fatture per operazioni inesistenti”:

  • fatture relative a operazioni oggettivamente inesistenti: documenti “emessi a fronte di operazioni non realmente effettuate in tutto o in parte”;
  • sovrafatturazioni riferite ad operazioni in parte prive di riscontro nella realtà: documenti “che indicano i corrispettivi o l’imposta sul valore aggiunto in misura superiore a quella reale”;
  • fatture relative a operazioni soggettivamente inesistenti: documenti “che riferiscono l’operazione a soggetti diversi da quelli effettivi”.

In tali circostanze, accade spesso che il cessionario/committente, come nel caso in esame, si trovi in una posizione di assoluta passività, ovvero non risulti complice nell’emissione del documento falso. Tuttavia, anche tale soggetto potrebbe incorrere, in parte, a contestazioni ove procedesse a detrarsi l’imposta indicata in fattura, in quanto trattasi di un’operazione inesistente.

Come già anticipato, il soggetto dovrà quindi procedere a sollecitare l’emittente e attendere la nota di credito. Anche in caso di inerzia della controparte, la questione potrà essere gestita solo privatamente, tra il cedente e il presunto acquirente, inviando solleciti sempre più gravosi e intimando altresì il possibile coinvolgimento degli organi preposti alla gestione dei reati tributari di cui al D.lgs n. 74/2000. Tale intimazione, per ovvie ragioni, è ritenuto in dottrina il metodo più efficacie.

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