Quesiti e approfondimenti

Regime IVA campioni gratuiti a clienti italiani ed esteri

Dal punto di vista della normativa I.V.A., le cessioni gratuite di beni alla cui produzione o al cui commercio è diretta l’attività propria dell’impresa sono, in linea generale, operazioni normalmente soggette ad I.V.A. ai sensi dell’art. 2, secondo comma, n. 4, del D.P.R. n. 633/72.

Il contribuente, infatti, una volta operata la detrazione dell’imposta relativa all’acquisto dei beni (o ai costi di produzione dei medesimi, se fabbricati internamente) da destinare ad omaggi, dovrà applicare l’I.V.A. all’atto della successiva cessione gratuita degli stessi.

Tuttavia, il terzo comma dello stesso art. 2 del D.P.R. n. 633/1972 prevede, a parziale deroga della regola di carattere generale sopra descritta, che siano escluse dall’ambito oggettivo dell’imposta le “cessioni gratuite di campioni di modico valore appositamente contrassegnati”.

L’esclusione di cui sopra rappresenta un’eccezione specifica ad una regola generale, non suscettibile quindi di alcuna interpretazione estensiva per analogia.

Pertanto, affinché l’omaggio rientri in questa fattispecie, è necessario che siano esattamente e contemporaneamente rispettate tutte le condizioni richieste dalla normativa, ovvero:

– deve trattarsi di campioni gratuiti;

– i beni devono essere appositamente contrassegnati;

– i campioni devono essere di modico valore.

Con riferimento alle tre caratteristiche tassative appena elencate precisiamo, inoltre, che la cessione di beni omaggio deve essere finalizzata alla promozione commerciale, al fine di migliorarne la conoscenza e la diffusione presso gli utilizzatori, attuali e/o potenziali – e/o alla prova o alla verifica tecnica dello stesso. In altri termini, l’omaggio deve essere finalizzato alla conoscenza o alla prova del prodotto e, quindi, essere correlato (anche solo indirettamente) ad una successiva potenziale commercializzazione del medesimo. Non possono, dunque, essere definiti “campioni omaggio” i beni che vengono offerti per pura liberalità, ovvero semplicemente al fine di fornire una buona immagine dell’azienda nel suo complesso (in quest’ultimo caso, si tratterebbe di spese di rappresentanza la cui deducibilità ai fini delle imposte dirette deve essere verificata rispetto al superamento, o meno, dell’importo unitario di Euro 50). Inoltre, facciamo presente che, qualora i beni omaggio non siano contrassegnati, sarà difficile comprovare la finalità di promozione commerciale rispetto alla presunzione di sostenimento di spese di rappresentanza, la cui deducibilità risulterà limitata se i singoli pezzi avranno costo unitario superiore ad Euro 50.

È fondamentale, inoltre, che su ciascun bene venga apposta la dicitura che trattasi di campione gratuito, di cui è conseguentemente esclusa la commercializzazione in modo irrevocabile.

Le modalità tecniche con cui applicare tale indicazione sono abbastanza libere: l’unica condizione richiesta è che il contrassegno apposto risulti del tutto indelebile (non è quindi ammesso, ad esempio, che la dicitura sia applicata mediante semplice etichetta autoadesiva). Il contrassegno può, dunque, essere apposto mediante lacerazione, perforazione, marcatura indelebile e visibile, timbro o scrittura ad inchiostro indelebile o qualsiasi altro procedimento idoneo a qualificare irrevocabilmente gli articoli omaggiati (cfr. R.M. 3 aprile 1973, n. 523146; R.M. 18 febbraio 1975, n. 503007; R.M. 23 aprile 1980, n. 381445).

Peraltro, qualora non sia tecnicamente possibile applicare la dicitura direttamente sul bene, è anche ammesso che il contrassegno venga apposto, sempre in modo indelebile, con le stesse modalità sopra indicate sul contenitore o l’involucro sigillato del bene medesimo (cfr. C.M. Fin. 29 giugno 1982, n. 55/352480).

Scopo della norma e di queste rigide precauzioni è sia quello di impedire l’evasione dell’imposta, ma anche evitare che i beni in questione possano formare oggetto di successiva commercializzazione, e si possano così verificare forme distorsive della concorrenza (cfr. R.M. 7 febbraio 1991, n. 430047).

Più complessa, e non univoca, è invece la definizione del concetto di “modico valore”. Il Ministero, infatti, ha più volte evitato (cfr. la R.M. 7 febbraio 1991, n. 430047 e la R.M. 30 luglio 1991, n. 430288) di fornire una definizione specifica di tale parametro, limitandosi a elaborare una definizione negativa (“sono in ogni caso esclusi dall’agevolazione i beni di valore significativo”) ed un riferimento assolutamente generico (“si fa riferimento agli usi commerciali”). A tal proposito il Ministero ha avuto modo di indicare che i campioni non devono essere necessariamente beni di dimensioni o di valore inferiori ai beni commercializzati dall’impresa, ma possono essere anche degli esemplari di detti beni (cfr. R.M. 23 aprile 1980, n. 381445 e R.M. 20 novembre 1980, n. 360021).

Infine, l’Agenzia ha precisato che, per determinare il concetto di modico valore, occorre fare riferimento al prezzo unitario dell’articolo omaggiato; in altri termini, è possibile ricevere un lotto di prodotti, rappresentativo magari dell’intero catalogo aziendale, e la cui rilevanza del concetto di modico valore deve essere verificata, comunque, rispetto al singolo pezzo (cfr. risoluzione dell’Agenzia delle entrate 30 aprile 2003, n. 83/E).

Si precisa, inoltre, che la consegna ai clienti di campioni appositamente contrassegnati, in linea generale, rappresenterebbe una fattispecie esclusa dall’obbligo di emissione del documento di trasporto (ovvero il cosiddetto DDT, istituito dal D.P.R. 14 agosto 1996, n. 472).

Effettivamente, l’esenzione dall’emissione del documento di trasporto sarebbe in generale ravvisabile quando la cessione a titolo gratuito non rientri nel campo di applicazione dell’I.V.A., come nel caso della fattispecie in esame dei campioni gratuiti; in queste ipotesi, infatti, poiché le operazioni sono escluse dal campo di applicazione dell’I.V.A., le stesse non comportano alcun obbligo né di fatturazione né di registrazione.

Tuttavia, si sottolinea, l’emissione del DDT appare comunque opportuna per vincere le presunzioni di cessione a titolo oneroso previste dall’art. 53 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633 (ovvero di cessione di beni a terzi senza emissione di fattura) e per dimostrare la consegna a titolo gratuito. Infatti l’art. 1 del D.P.R. n. 472/1996 stabilisce espressamente che il DDT è documento idoneo per vincere le presunzioni previste dal citato art. 53. Lo stesso dicasi per l’emissione della fattura, in cui si deve evidenziare la non imponibilità a norma dell’art. 2, comma 3 lett. d) D.P.R: n. 633/72.

In questi casi, in realtà, l’Amministrazione finanziaria aveva già avuto modo di chiarire con riferimento sia ai campioni gratuiti di modico valore appositamente contrassegnati (cfr. R.M. 20 novembre 1980, n. 360021), sia agli omaggi in genere che, al fine di vincere le presunzioni ex art. 53, è comunque necessario istituire e tenere un apposito registro degli omaggi, con le modalità previste dall’art. 39 del D.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.

A tale scopo sarebbe quindi consigliabile, anche se la cessione a titolo di omaggio non rientra nel campo di applicazione dell’I.V.A., istituire comunque un libro degli omaggi, ove annotare le cessioni di qualunque bene ceduto in omaggio.

In alternativa alla tenuta del libro omaggi, che comporterebbe sicuramente aggravi amministrativi maggiori per l’azienda, stante il valore probatorio riconosciuto dalla normativa al DDT potrebbe essere invece opportuno emettere un documento di trasporto in duplice copia (di cui una da consegnarsi al destinatario), recante i dati richiesti per la compilazione del DDT e la causale “omaggio” o “campioni omaggio”.

Per quanto riguarda, invece, l’invio dei campioni all’estero (U.E. o extra U.E.), specifichiamo che:

a)       in caso di spedizione all’interno della U.E.: le cessioni a titolo gratuito non sono disciplinate dalla normativa fiscale comunitaria, quest’ultima si riferisce solo alle cessioni onerose, requisito oggettivo richiesto dallo stesso articolo 41 D.L. n. 331/93, affinché un’operazione possa essere considerata una cessione intracomunitaria e, quindi, rientrante negli elenchi INTRASTAT. Lo stesso concetto appena illustrato, viene ribadito anche nelle istruzioni agli elenchi INTRASTAT all’interno del punto g) del paragrafo rubricato “Avvertenze Generali”. La cessione, quindi, segue la disciplina I.V.A. interna e, pertanto, non vi sarà l’assoggettamento ad I.V.A. a norma dell’art. 2, comma 3 D.P.R. n. 633/72 se sono rispettati i requisiti essenziali più sopra indicati.

b)       in caso di spedizione extra U.E.: le cessioni gratuite di beni nei Paesi non appartenenti all’Unione europea sono assimilate alle “cessioni all’esportazione” a norma dell’articolo 8, comma 1, lettera a) D.P.R. n. 633/72 (dicitura da richiamare in fattura), e quindi sono non imponibili. Inoltre, ai fini della non imponibilità, è necessario che l’esportazione risulti da documento doganale (DAU cartaceo vistato dalla Dogana d’uscita), oppure dal visto apposto dalle dogane o sulla fattura, o sulla bolla di accompagnamento (DDT e fatturazione differita). La stessa prova può essere ottenuta anche a livello telematico avendo a disposizione il DAU o DAE di partenza unitamente al messaggio del codice MRN.

Infine, si ricorda che in caso di spedizione al di fuori della comunità europea di campioni gratuiti, la stessa non concorrerà alla formazione del plafond per la determinazione della qualifica di esportatore abituale.

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