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IVA per cassa in ipotesi di caparra confirmatoria

In particolare, prima di procedere oltre è opportuno precisare che, ai sensi degli artt. 1385 e 1386 Cod. Civ. la caparra può essere versata a titolo risarcitorio o penitenziale. Nel primo caso (titolo risarcitorio), “… se al momento della conclusione di un contratto una parte dà all’altra, a titolo di caparra, una somma di denaro o una quantità di cose fungibili, la caparra, in caso di adempimento deve essere restituita o imputata alla prestazione dovuta”. Diversamente, se nel contratto è stipulato il diritto di recesso per una o entrambe le parti, “la caparra ha la sola funzione di corrispettivo del recesso”.

Stando, quindi alle norme citate, con specifico riguardo alla caparra confirmatoria, la stessa anche se concordata tra le parti, non costituisce il corrispettivo di un’operazione (cessione di beni o prestazione di servizi), in quanto ha natura risarcitoria, così come affermato anche dalla stessa Cassazione in alcune sentenze come nella n. 4047 del 18.01.2007, oppure nella n. 28697 del 23.12.2005.

L’irrilevanza, agli effetti IVA, della caparra è prevista dall’art. 15, comma 1, n. 1) D.P.R. n. 633/72, proprio per la natura risarcitoria che la contraddistingue. Al momento del perfezionamento del contratto, la caparra deve essere imputata alla prestazione dovuta e, divenendo parte del corrispettivo pattuito, concorre a formare la base imponibile. In pratica, “… la caparra muta la propria natura giuridica, assumendosi quale acconto del prezzo di vendita del bene o del servizio, anche in considerazione del fatto che la dazione di una caparra confirmatoria presuppone la non contemporaneità tra conclusione del contratto e completa esecuzione del medesimo”, così come sottolineato dall’Agenzia delle Entrate nella R.M. n. 197/E/2007. Infine, rispetto alla citata risoluzione ministeriale, si fa presente che in altra occasione la stessa Amministrazione Finanziaria ha sottolineato che in presenza di apposita clausola apposta al contratto, se alla caparra confirmatoria viene data anche funzione di acconto sul prezzo, allora la stessa deve essere considerata a tutti gli effetti acconto, ed immediatamente soggetta ad imposizione IVA.

In giurisprudenza, si è affermato inoltre che:

a)    In via generale, la dazione anticipata di una somma di danaro effettuata al momento della conclusione del contratto costituisce caparra confirmatoria qualora risulti che le parti abbiano attribuito a tale versamento non tanto la funzione di anticipazione della prestazione, quanto quella di rafforzamento e garanzia dell’obbligazione (sul punto Cassazione n. 7935 del 23.08.1997);

b)   Qualora sia dubbia l’effettiva volontà delle parti, le somme versate anteriormente alla formale stipulazione di un contratto a prestazioni corrispettive, devono ritenersi corrisposte a titolo di anticipo o acconto (si veda Cassazione n. 28697 del 2005, o Cassazione n. 10874 del 1994).

 

Pertanto, alla luce delle considerazioni formulate, ai fini IVA non si deve trattare come acconto la somma corrisposta a titolo di caparra confirmatoria se il contratto prevede che, in caso di adempimento, tale somma sia imputata al corrispettivo dovuto, proprio come nel vostro caso.

Tale conseguenza, infatti, è espressamente prevista dall’art. 1385 Cod. Civ. che disciplina la caparra, la quale, solo all’atto dell’adempimento, viene utilizzata per pagare il prezzo pattuito, anziché essere restituita.

Ecco quindi che nel regime dell’IVA per cassa, l’incasso della caparra alla firma del contratto non fa scattare alcun obbligo a fini IVA, in quanto la rilevanza del momento impositivo deve essere individuata solo in fase di saldo, e cioè solo quando si assisterà al cambiamento della natura della somma incassata da “caparra confirmatoria” ad “acconto/saldo”.

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