Con il rapidissimo emendamento del DPCM 8 marzo 2020 l’intero territorio nazionale è sottoposto a misure restrittive per gli spostamenti delle persone.
L’hashtag #staiacasa o #stateacasa dimostra il gran senso di responsabilità di parte della popolazione italiana di fronte all’emergenza sanitaria ma, dall’elevato numero di sanzioni che le Forze dell’Ordine stanno comminando si intende che la normativa non è affatto chiara.
Il sistema adottato dal Governo italiano prevede, ad oggi, che il divieto di movimento subisca una serie di importanti deroghe al di fuori delle quali, tuttavia, scattano i precetti penali.
Il DPCM 9 marzo 2020 è, ad oggi, l’ultimo provvedimento del Governo che, assieme al precedente DPCM dell’8 marzo, alle leggi penali e alle direttive del Ministero dell’Interno e le decisioni dei prefetti disegnano il quadro normativo all’interno del quale i cittadini si devono orientare.
In primo luogo, deve sottolinearsi che “sull’intero territorio nazionale è vietata ogni forma di assembramento di persone in luoghi pubblici o aperti al pubblico”, sicché – per aiutare la popolazione a rispettare la regola – sono state vietate tutte le manifestazioni sportive, culturali e ludiche nonché posti limiti di orario a bar e ristoranti.
A ben vedere, tuttavia, la norma non cita i luoghi privati quali le abitazioni o i luoghi di lavoro chiusi al pubblico, che dovrebbero quindi essere esclusi da questo specifico divieto.
Ad ogni modo, sia per senso civico che per l’operatività di ulteriori norme penali di cui si dirà tra poco, si consiglia vivamente di seguire, anche nelle proprie abitazioni e nei luoghi di lavoro i consigli sanitari in merito alle precauzioni da tenere per evitare il diffondersi del virus.
Il secondo aspetto riguarda le restrizioni alla libertà di movimento.
Esiste un divieto assoluto di movimento per le persone soggette a quarantena e quelle per le quali il Dipartimento di Prevenzione della Asl accerta la necessità di avviare la sorveglianza sanitaria e l’isolamento fiduciario. Tali ultimi soggetti devono: a) mantenere lo stato di isolamento per quattordici giorni dall’ultima esposizione; b) divieto di contatti sociali; c) divieto di spostamenti e viaggi; d) obbligo di rimanere raggiungibile per le attività di sorveglianza.
Esiste invece un divieto relativo per tutto il resto della cittadinanza.
In linea generale, fino al 3 aprile 2020, la libertà di movimento è limitata, se non per esigenze che devono essere comprovate. L’onere della prova è quindi completamente a carico del cittadino.
Ed attenzione, perché non potranno essere addotte giustificazioni diverse da quelle specificamente individuate.
Il movimento è quindi possibile solo se esistano:
- esigenze lavorative a condizione che l’attività lavorativa o professionale dell’interessato non rientri tra quelle sospese ai sensi delle vigenti disposizioni contenute nei diversi provvedimenti emanati per far fronte alla diffusione del COVID-19 (come, ad esempio, i servizi educativi per l’infanzia e le attività didattiche di cui all’art. 1, comma 1, lett. h) del DPCM);
- situazioni di necessità ovvero casi in cui lo spostamento è preordinato allo svolgimento di un’ attività indispensabile per tutelare un diritto primario non altrimenti efficacemente tutelabile. Si tratta della necessità di recarsi a fare la spesa oppure in farmacia; non è di certo permesso, invece, recarsi ad acquistare beni di non primaria necessità ed essenzialmente futili;
- motivi di salute ovvero quei casi in cui l’interessato deve raggiungere un luogo, diverso dal domicilio, dove svolgere terapie o cure mediche.
Solamente in questi casi lo spostamento è permesso, anche al di fuori del comune di residenza.
Le forze dell’ordine hanno il compito di controllare che gli spostamenti avvengano nel rispetto delle norme. Chi non lo rispetta verrà punito secondo il disposto dell’art. 650 c.p. che prevede l’arresto fino a tre mesi o con l’ammenda fino a euro 206, per chiunque non osserva un provvedimento legalmente dato dall’autorità per ragione di giustizia o di sicurezza pubblica o d’ordine pubblico o d’igiene.
La situazione, tuttavia, può divenire ben più grave, soprattutto per chi tenda a sottovalutare o decida di non rispettare l’ordine dato dal Governo.
Nella fase dei controlli, infatti, l’obbligo di dimostrare la necessità dello spostamento viene inizialmente assolto compilando e sottoscrivendo una autodichiarazione ai sensi degli artt. 46 e 47 del D.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445 i cui moduli dovrebbero essere forniti dalle forze dell’ordine oppure, in alternativa, essere precompilati dal cittadino.
Tuttavia le autodichiarazioni saranno oggetto di verifica. Chi venisse scoperto ad aver dichiarato il falso, per esempio dichiarando di andare a lavoro mentre invece viaggia per qualsiasi altro motivo, risponderà di un reato con pene più gravi, ovvero “Falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” per cui è prevista la reclusione fino a due anni.
Addirittura più grave è il caso di chi, anche a sua insaputa, si sposta per futili motivi (ad esempio il pranzo domenicale con i parenti) ed è infetto.
In tal caso l’accusa potrebbe essere quella del reato di Epidemia (art. 483 c.p.) rischiando così: a) la reclusione da tre a dodici anni se dal fatto deriva la morte di più persone; b) la reclusione da uno a cinque anni, per il solo fatto di aver colposamente diffuso l’epidemia. Ipotesi che, vista la capillare ricerca dei contatti tra persone malate, potrebbe essere facilmente dimostrata dagli inquirenti.
Tale reato concorrerebbe poi con quello previsto dall’art. 260, TULS, che prevede l’arresto fino a sei mesi e con l’ammenda da lire 40.000 a 800.000.
In definitiva il consiglio è quello di evitare il più possibile gli spostamenti e non sottovalutare l’elenco tassativo di eccezioni fornite dalla norma che, come tali, dovranno essere interpretata in maniera assolutamente restrittiva.
In caso di spostamento e controllo da parte delle forze dell’ordine è assai conveniente, dopo aver reso l’autodichiarazione (veritiera) munirsi di tutti i certificati rilasciati da soggetti terzi (datore di lavoro, medico curante, scontrino della spesa per derrate alimentari e non beni futili) che siano utili a provare la verità di quanto dichiarato.