1. Dismissione di beni strumentali elettronici obsoleti
Prima di soffermarci sull’iter che deve essere rispettato in questo genere di operazioni, vogliamo sottolineare come la tematica proposta comporti riflessi fiscali non di poco conto, come ad esempio quello della presunzione di cessione dei cespiti, qualora questi non siano più nella disponibilità dell’impresa.
In particolare la c.d. “presunzione di cessione” è contenuta nelle disposizioni di cui al D.P.R. n. 441/1997, dove per effetto dell’art. 1, comma 1, si presumono ceduti i beni acquistati, importati o prodotti dall’impresa stessa, che non si trovano più nei luoghi in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, né in quelli dei suoi rappresentanti. Con riferimento al luogo in cui il contribuente svolge le proprie operazioni, l’art. 1, comma 3, indica espressamente le “sedi secondarie, filiali, succursali, dipendenze, stabilimenti, negozi, depositi mezzi di trasporto nella disponibilità dell’impresa.”
Con riferimento al presente quesito, risulta rilevante la previsione contenuta al comma 2 lett. a), secondo cui: “la presunzione di cui al comma 1 non opera se è dimostrato che i beni stessi: sono stati impiegati per la produzione, distrutti o perduti.”
Pertanto, ciò che per la società sarà importante conoscere sono gli adempimenti fissati dalla legge che il contribuente deve porre in essere per “vincere” la presunzione di cessione, e provare, quindi, che i beni non sono stati venduti.
L’eliminazione fisica del bene strumentale mediante rottamazione comporta l’osservanza di due differenti iter burocratici a seconda che la società si rivolga ad operatori terzi autorizzati, oppure proceda autonomamente (tali procedure sono illustrate dettagliatamente nella C.M. 23.07.1998 n.193/E).
In particolare, nel caso in cui la società si rivolga ad operatori specializzati nello smaltimento dei rifiuti allo scopo di superare un’eventuale “presunzione di cessione”, con indebito assolvimento dell’imposta, ai sensi delle disposizioni contenute nell’art. 2 del D.P.R. n.441/1997, sarà necessario e sufficiente possedere la seguente documentazione:
a) documento di cui al D.P.R. n.472/1996 (meglio noto come D.D.T.) dal quale risulta il trasporto dei beni oggetto dello smaltimento con esposizione della causale “rottamazione”;
b) formulario di identificazione di cui all’art. 193 del D.lgs. n.152/2006 per lo smaltimento dei rifiuti, il quale deve essere obbligatoriamente vidimato dall’Agenzia delle Entrate o dalle Camere di Commercio, e deve recare, tra l’altro, le caratteristiche del rifiuto, ossia la sua descrizione e lo stato fisico .
Tutto ciò, se rispettato, comporta il superamento della presunzione di cessione sia ai fini I.V.A. che delle imposte sui redditi. Naturalmente, nel momento in cui la società si rivolge a tali operatori autorizzati la documentazione suddetta verrà predisposta da loro e consegnata.
Nel caso in esame, trattandosi di dismissione di apparecchiature elettriche ed elettroniche (rifiuti RAEE), la normativa fiscale s’intreccia con la ben più rilevante normativa di tutela ambientale prevista dal D.lgs. n.151/2005, il quale prevede sanzioni penali in caso d’inosservanza.
Infatti tutte le aziende che abbiano inserito nei loro cespiti degli apparecchi elettrici ed elettronici (come ad esempio i pc, i condizionatori, i telefonini, gli apparecchi di illuminazione, etc.) devono sottostare alle regole definite dal D.lgs. n.151/2005 per il loro smaltimento. In sintesi, queste apparecchiature non possono essere portate alle piazzole comunali (procedimento di smaltimento previsto per i soggetti privati) ma devono essere conferite ai centri di raccolta tramite operatore specializzato.
In alternativa allo smaltimento tramite operatori specializzati, la dismissione dei beni strumentali dell’impresa potrebbe essere effettuata mediante assegnazione ai soci o cessione a titolo gratuito verso soggetti terzi privati o operatori I.V.A.; saranno poi tali soggetti che si occuperanno a loro volta dello smaltimento dei beni, rivolgendosi alle apposite piazzole ecologiche site nei diversi Comuni (se soggetti privati) o rivolgendosi agli stessi operatori specializzati di cui sopra (se operatori economici). In questo caso la cessione gratuita o l’assegnazione va fatturata e assoggettata ad IVA, in quanto all’atto dell’acquisto l’imposta è stata detratta.
A riguardo si segnala che l’art. 13 del D.P.R. n.633/1972, al comma 2, prevede che in caso di autoconsumo o cessione a titolo gratuito la base imponibile è costituita dal costo di acquisto o in mancanza dal prezzo di acquisto dei beni o di beni simili, determinati nel momento in cui si effettuano tali operazioni: dal dettato normativo emerge una notevole incertezza in merito al valore d’attribuire a tali beni oggetto della cessione gratuita o dell’assegnazione (tale valore, in base al dettato letterale della norma, dovrebbe essere costituito dal prezzo d’acquisto dei beni), con il rischio di incorrere in attività di accertamento della base imponibile da parte dell’Amministrazione finanziaria, nel caso si esponesse un valore minore. Pertanto, consigliamo la dismissione dei singoli cespiti mediante ricorso ad appositi operatori specializzati nello smaltimento dei rifiuti.
Dal punto di vista contabile lo smaltimento dei rifiuti in esame comporta lo stralcio dei conti accessi all’immobilizzazione: bisogna perciò, stornare il fondo ammortamento, girandolo al conto di riferimento del singolo cespite. Qualora il bene non sia stato interamente ammortizzato, deve essere rilevata una minusvalenza ordinaria (da iscriversi in C.E. alla voce B.14 “Oneri diversi di gestione”) deducibile ai fini IRES (art. 102, comma 4, TUIR) e IRAP; viceversa, se il cespite ha già subito interamente il processo di ammortamento, il giroconto distoglierà unicamente il bene dallo stato patrimoniale, senza che l’operazione abbia alcuna incidenza dal punto di vista economico.
2. Corretta stampa del registro dei beni ammortizzabili
L’art. 16 del D.P.R. n.600/1973 dispone espressamente che per i beni mobili (oltre che per quelli immobili) devono essere obbligatoriamente indicati nel registro dei beni ammortizzabili “l’anno di acquisizione, il costo originario, le rivalutazioni, le svalutazioni, il fondo di ammortamento nella misura raggiunta al termine del periodo di imposta precedente, il coefficiente di ammortamento effettivamente praticato nel periodo di imposta, la quota annuale di ammortamento e le eliminazioni dal processo produttivo.”
A fronte del testo normativo sopra citato, dovrà essere annotata nel registro dei beni ammortizzabili la cessione gratuita, l’assegnazione o la dismissione del bene mobile strumentale nell’esercizio in cui effettivamente avviene, mentre negli esercizi successivi lo stesso non dovrà più comparire in quanto eliminato fisicamente dal processo produttivo dell’impresa.
Se la dismissione del bene avviene mediante smaltimento a cura di operatori terzi autorizzati si consiglia di indicare, nel registro dei beni ammortizzabili, il riferimento al formulario di identificazione del rifiuto, mentre se si opta per la cessione gratuita o assegnazione si dovrà indicare il riferimento alla fattura emessa.
Inoltre, se il bene al momento della cessione gratuita, assegnazione o dismissione non risulta completamente ammortizzato, nel registro dei beni ammortizzabili dovrà essere indicata anche la minusvalenza derivante dalla differenza tra il costo storico del bene e il relativo fondo ammortamento, che come precisato nel paragrafo precedente sarà completamente deducibile sia ai fini IRES che ai fini IRAP.