Sul punto, in caso di acquisizione da terzi di un software, la registrazione a stato patrimoniale può variare. Non a caso:
a) se sono stati acquisiti tutti i diritti inerenti al software (c.d. software applicativo di proprietà), il costo d’acquisto maggiorato degli oneri accessori andrà iscritto in bilancio nella voce B.I.3. di stato patrimoniale, tra i “diritti di brevetto industriale e diritti di utilizzazione delle opere dell’ingegno”. Comportamento del tutto analogo dovrà essere osservato anche nel caso in cui sia stata acquistata la sola licenza d’uso, e la stessa sia stata rilasciata a tempo indeterminato; diversamente
b) se trattasi di software acquistato a titolo di licenza d’uso a tempo determinato con pagamento iniziale di un corrispettivo “una tantum” a valere per tutto il periodo di durata della licenza, allora i relativi costi saranno capitalizzati ed iscritti a stato patrimoniale nella voce B.I.4. tra le “concessioni, licenze, marchi e diritti simili”; oppure ancora
c) se il contratto di licenza d’uso prevede il pagamento di un corrispettivo periodico, i relativi costi saranno imputati per competenza a conto economico quando sostenuti (si ritiene nella voce B.8), “Costi per godimento di beni di terzi”;
Ovviamente, a seconda delle distinzioni operate, altrettanto differenti saranno i piani di ammortamento applicabili. Infatti, nel caso in cui ci si trovi nelle ipotesi di cui alla lettera a) (software applicativo in proprietà, o licenza d’uso a tempo indeterminato), allora i costi saranno ammortizzati per quote costanti nel periodo di prevista utilità futura, se determinabile, altrimenti in tre esercizi (aliquota al 33%), inteso come periodo presunto di utilità del software, data l’elevata obsolescenza tecnica cui è normalmente sottoposto un software.
Al contrario, invece, qualora la licenza d’uso sia stata concessa per un tempo determinato, e la stessa sia stata iscritta a stato patrimoniale (ipotesi b), allora l’ammortamento dovrà svilupparsi per quote costanti per l’intero periodo di durata della licenzad’uso, ovvero, si ritiene, lungo il minor periodo di prevista utilità futura.
Deducibilità dell’ammortamento.
Per quanto riguarda le licenze di derivazione privatistica, quali le licenze d’uso di brevetti, marchi e opere dell’ingegno, si deve ritenere che le stesse vadano ammortizzate secondo il disposto dell’art. 103, comma 1, del D.P.R. n. 917/1986 indipendentemente dalla loro classificazione nella voce B.I.3) o B.I.4) dell’attivo (ipotesi a e b). Del resto non è pensabile che lo stesso diritto sia soggetto ad una deduzione fiscale differente per il solo fatto della sua diversa classificazione nell’attivo. L’art. 103, comma 1, attualmente in vigore dispone che le quote di ammortamento del costo dei diritti di brevetto industriale e di utilizzazione delle opere dell’ingegno (ipotesi a e b), sono deducibili in misura non superiore al 50 per cento del costo stesso. Le quote di ammortamento dei diritti in esame possono quindi, dal punto di vista fiscale, essere imputate anche per ammontari non costanti, essendovi il solo limite massimo del 50 per cento (prima, di un terzo) del costo di acquisto o di produzione (nello stesso senso anche la R.M. 13 febbraio 2003, n. 357/E).
Infine, per completezza sull’argomento trattato, si fa presente che il dimezzamento dell’aliquota di ammortamento nell’esercizio di messa in funzione non è previsto per le immobilizzazioni immateriali, cosa che invece accade per quelle materiali.