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Sponsorizzazione con associazione sportiva

L’art. 108, comma 2, primo periodo del TUIR consente la piena deducibilità delle spese di pubblicità e propaganda a cui sono assimilate le spese di sponsorizzazione. Anche ai fini IVA non esistono limitazioni particolari alla detrazione dell’imposta su queste spese. Invece note limitazioni sono previste per le spese di rappresentanza.

Chiariremo quindi, di seguito, i punti caratteristici che definiscono un rapporto di sponsorizzazione, in quanto il problema principale che si pone è legato alla distinzione di queste tipologie di costi tra le spese di pubblicità o le spese di rappresentanza.

È importante precisare che il contratto di sponsorizzazione, rappresenta un contratto cd. innominato e atipico, cioè privo di specifica definizione e disciplina legislativa, e quindi inquadrabile mediante rinvio a tipologie contrattuali affini. Solitamente in questi rapporti un soggetto (detto sponsor), che mira a divulgare/diffondere un proprio segno distintivo e/o a rafforzare l’immagine propria o della propria azienda sul mercato, si vincola ad erogare un corrispettivo (non necessariamente in denaro) per la prestazione offerta da un altro soggetto (detto sponsee), che si impegna a sua volta a garantirgli visibilità presso il pubblico che lo segue, allo scopo che questo venga emotivamente indotto, anche nel lungo periodo, a preferirlo e, conseguentemente, a garantirgli un ritorno economico.

In ambito sportivo sono diverse le forme di sponsorizzazione individuate tra cui:

• la sponsorizzazione di una società o di un’associazione sportiva, che si realizza mediante apposizione sugli indumenti del marchio dello sponsor;

• l’abbinamento, dove la denominazione della società sportiva si integra o viene sostituita da quella dell’impresa sponsorizzante;

• i singoli atleti;

• la singola manifestazione sportiva.

Da un punto di vista pratico, a fronte dell’erogazione di un corrispettivo da parte di un’azienda (nel caso di specie beni in natura – monitor), il soggetto sponsorizzato si obbliga a garantire un adeguato grado di visibilità nell’evento tramite, ad esempio, l’inserzione del logo nelle brochure pubblicitarie, oppure mediante l’affissione e la replica dello stesso in striscioni, oppure ancora sottolineando la partecipazione in messaggi di filodiffusione diretti al pubblico. Di conseguenza, quello di sponsorizzazione è, a tutti gli effetti, un contratto a prestazioni corrispettive e a titolo oneroso in cui entrambi i contraenti si impegnano a prestazioni di dare o fare in favore della propria controparte.

In linea generale, qualora si rispetti il rapporto sinallagmatico sottostante più sopra illustrato, l’amministrazione finanziaria si è più volte espressa nel voler equiparare questa tipologia di spesa a quelle di pubblicità consentendo, quindi, la piena deduzione IRES e detraibilità I.V.A. 

Appare ovvio che la forma scritta del contratto risulti, comunque, consigliabile se non altro per tutelare e testimoniare che gli accordi intercorsi prevedano:

• natura onerosa dell’accordo;

• esistenza di prestazioni contrapposte tra lo sponsor e il soggetto sponsorizzato;

• realizzazione di una pubblicità per lo sponsor.

A ulteriore sostegno della piena deducibilità delle spese come sopra definite, l’art. 90, comma 8 della legge 27 dicembre 2002, n. 289 ha stabilito che il corrispettivo in denaro o in natura, erogato a favore di società, associazioni sportive dilettantistiche e fondazioni, nonché di associazioni sportive scolastiche che svolgono attività nei settori giovanili riconosciute dalla federazioni sportive nazionali o da enti di promozione sportiva costituisce, per il soggetto erogante (fino ad un importo annuo complessivamente non superiore ad euro 200.000) spesa di pubblicità volta alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante mediante una specifica attività del beneficiario e deducibile, quindi, ai sensi dell’art. 108, comma 2, primo periodo del T.U.I.R.

Secondo la prassi del Fisco tale disposizione introduce ai fini delle imposte sui redditi una presunzione assoluta circa la natura delle somme che, dunque, sono nel limite annuo complessivamente non superiori ad euro 200.000 spese di pubblicità ed integralmente deducibili. La stessa circolare ha chiarito che in base all’art. 90 della legge n. 289/2002 la deducibilità in argomento è subordinata alle seguenti condizioni:

• i corrispettivi erogati devono essere destinati alla promozione dell’immagine o dei prodotti del soggetto erogante;

• a fronte dell’erogazione delle somme deve essere riscontrata una specifica attività del beneficiario della medesima erogazione. Ulteriore prassi dell’Agenzia delle entrate ha affermato che la previsione dell’art. 90 della legge n. 289/2002 non introduce un limite massimo all’integrale deducibilità dal reddito d’impresa delle somme corrisposte agli enti ma, al contrario, individua l’importo entro il quale dette somme costituiscono per presunzione assoluta spese di pubblicità. Nella circostanza in cui un soggetto erogante, continua la circolare citata, versi un corrispettivo superiore al limite annuo di 200.000 euro l’eccedenza sarà deducibile in capo al soggetto erogante secondo le regole del T.U.I.R. e, in particolare, l’eccedenza sarà deducibile ai sensi dell’art. 108, comma 2, a condizione che il rapporto contrattuale presenti i requisiti formali e sostanziali riscontrabili in un rapporto di sponsorizzazione o di altra prestazione pubblicitaria.

Nonostante ciò, recentemente, La Corte di Cassazione con sentenza 15 aprile 2011, n. 8679, ha qualificato i costi per sponsorizzazione a favore di società sportive o di eventi sportivi come spese di rappresentanza affermando la seguente distinzione:

• sono spese di rappresentanza quelle effettuate senza che vi sia una diretta aspettativa di ritorno commerciale;

• sono invece spese di pubblicità o propaganda quelle sostenute per ottenere un incremento più o meno immediato della vendita.

Tutto ciò ci fa capire quanto problematica e ardua sia la distinzione tra i due tipi di spese.

Diversamente, qualora la spesa sostenuta sia chiaramente inqualificabile come sponsorizzazione, perché il soggetto beneficiario dell’erogazione non è obbligato a pubblicizzare il logo o l’azienda in alcun modo (mancanza dell’obbligo di controprestazione), o perché (come asserito dalla Corte di Cassazione) pur esistendo tale obbligo, è evidente che il costo è sostenuto solo per accrescere il prestigio e l’immagine dell’impresa e per potenziarne le possibilità di sviluppo, e non alla pubblicizzazione di determinati prodotti, marchi e servizi o comunque dell’attività svolta.

In questi casi la spesa dovrà ritenersi di rappresentanza e quindi deducibile nel rispetto del limite dei ricavi (art. 108 comma 2 del TUIR), mentre l’I.V.A. sarà indetraibile, in quanto i beni acquistati sono d’importo unitario superiore ad Euro 25,82.

Dal lato della consegna di beni, si evidenzia che nell’ultimo caso illustrato (spesa di rappresentanza), vista l’indetraibilità IVA sugli acquisti, la successiva cessione gratuita è fuori campo IVA e non va fatturata.

Nell’eventualità in cui, invece, si propenda per il primo caso (costo di sponsorizzazione con detraibilità IVA), ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 633/72 esiste l’obbligo della reciproca fatturazione anche in caso di operazioni permutative, infatti le cessioni di beni e la prestazione di servizi effettuate in corrispettivo di altre cessioni di beni o prestazioni di servizi, o per estinguere precedenti obbligazioni, sono soggette all’imposta separatamente da quelle in corrispondenza delle quali sono effettuate (art. 11 del D.P.R. 633/1972). Si riporta di seguito quanto previsto dal parere dell’Agenzia delle Entrate n. 150657 del 23.9.2002: “Sussistendo i presupposti impositivi, soggettivi ed oggettivi, per ognuna delle operazioni considerate, le stesse, ai sensi dell’art. 11 del D.P.R. 633/1972 devono essere assoggettate al tributo in maniera separata ed autonoma. Conseguentemente sia lo sponsee che lo sponsor sono tenuti ad emettere fattura, in relazione all’operazione attiva da ciascuno effettuata, indicando il valore normale, così come determinato dall’art. 14 del citato D.P.R. 633/1972”. Pertanto, lo sponsor e lo sponsee sono tenuti ad emettere fattura indicando il valore normale dei beni e/o servizi oggetto di scambio; inoltre, gli stessi sono tenuti ad assolvere tutti gli adempimenti previsti dalla normativa sull’IVA. Si ricorda che per valore normale dei beni e dei servizi si intende il prezzo o corrispettivo mediamente praticato per beni o servizi della stessa specie o similari in condizioni di libera concorrenza e al medesimo stadio di commercializzazione, nel tempo e nel luogo in cui e’ stata effettuata l’operazione o nel tempo e nel luogo piu’ prossimi.

Ai fini della prova, infine, è consigliabile conservare il DDT di consegna all’associazione sportiva.

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