Premesso che il cliente deve essere un operatore economico e non un soggetto privato, a fini probatori a nulla rileva il fatto che l’acquirente sia venuto a ritirare personalmente la merce nei locali dell’azienda (cosiddetta esportazione “EX WORKS”, o franco fabbrica), né tanto meno che si sia in possesso della ricevuta del bonifico bancario di avvenuto pagamento.
A fini I.V.A., infatti, l’unico modo per provare l’avvenuta esportazione della merce venduta è quello di entrare in possesso del documento (cosiddetta “bolla doganale”, da allegare all’originaria fattura emessa), che attesti l’uscita della merce dal territorio comunitario.
Inoltre, poiché trattasi di esportazione di cui all’articolo 8, comma 1, lett. B) D.P.R. n. 633/72, teniamo a sottolineare che la merce venduta dovrà uscire dal territorio comunitario entro 90 giorni dall’operazione di cessione. Pertanto, qualora allo scadere di questo limite temporale il contribuente non sia ancora entrato in possesso della documentazione attestante l’avvenuta esportazione (copia fattura di vendita con apposizione del timbro della dogana), in base a conferme avute anche dalla stessa Agenzia delle Dogane, sarebbe meglio procedere con emissione di fattura con esposizione d’I.V.A. (per poi stornarla con una successiva nota di credito per sola I.V.A al ricevimento della documentazione comprovante l’esportazione).
Questo termine viene preso a riferimento, in quanto costituisce il tempo massimo entro cui la merce deve lasciare il territorio comunitario, e oltre il quale, in assenza di idonea documentazione comprovante l’esportazione, potrebbero sussistere presunzioni di non corretto assolvimento dell’imposta sul valore aggiunto.