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Opzione IVA per cassa

Prima di entrare nel dettaglio pratico di quanto delineato, si precisa che il regime dell’IVA per cassa può essere applicato solo nel caso in cui il contribuente abbia realizzato nell’anno precedente un volume d’affari non superiore a 2.000.000 di Euro, e stia effettuando cessioni di beni o prestazioni di servizi nei confronti di cessionari o committenti anch’essi soggetti passivi d’imposta. Di conseguenza, per operazioni condotte verso soggetti privati, si dovrà operare nei termini ordinari.

Sempre per completezza sull’argomento, va poi sottolineato che, per espressa previsione normativa, oltre che nell’ipotesi in cui il cessionario/committente non agisca nell’esercizio di imprese, arti o professioni, il nuovo regime dell’IVA per cassa non può trovare applicazione quando:

–       l’operazione rientra fra quelle indicate all’art. 6, comma 5, secondo periodo, del D.P.R. n. 633/1972, per le quali è già previsto il differimento dell’esigibilità dell’imposta;

–       l’acquirente/committente assolva l’imposta secondo il meccanismo dell’inversione contabile (reverse charge);

–       l’operazione sia posta in essere nell’ambito di regimi speciali di determinazione dell’IVA. Con specifico riferimento a quest’ultima esclusione, si ritiene che possano valere i chiarimenti contenuti nella circolare dell’Agenzia delle Entrate 30 aprile 2009, n. 20/E, nella quale si evidenzia, con riguardo al previgente regime dell’IVA per cassa, che il differimento dell’esigibilità dell’imposta non è consentito per le operazioni soggette ai seguenti regimi:

–       regime “monofase” di cui all’art. 74, comma 1, del D.P.R. n. 633/1972 (per esempio, editoria, vendita di sale e tabacchi);

–       regime del margine per la cessione di beni usati di cui all’art. 36 del D.L. n. 41/1995;

–       regime delle agenzie di viaggi e turismo ex art. 74-ter del D.P.R. n. 633/1972.

L’esercizio dell’opzione dell’IVA per cassa non incide sui termini ordinari di emissione e di registrazione delle fatture. Pertanto, resta fermo l’obbligo di emettere la fattura secondo le modalità e nei termini previsti dall’art. 21 D.P.R. n. 633/72, e di annotarla nel registro delle fatture emesse a norma dell’art. 23 del citato decreto.

Si ricorda, però, che da un punto di vista formale, i soggetti che aderiscono al regime del “cash accounting” devono apporre l’annotazione “IVA per cassa di cui all’art. 32-bis D.L. n. 83/2012” sulle fatture di vendita che verranno emesse in osservanza di tale disposizione fiscale.

L’IVA relativa alle cessioni di beni e prestazioni di servizi fatturate richiamando l’art. 32-bis deve essere computata a debito nella liquidazione periodica del mese o del trimestre nel corso del quale è incassato il corrispettivo, oppure nel corso del quale sia decorso un anno dalla data di effettuazione dell’operazione. Parimenti e parallelamente, l’IVA relativa agli acquisti di beni e servizi può essere computata a credito a partire dalla liquidazione periodica del mese o trimestre nel corso del quale è stato pagato il corrispettivo al fornitore oppure nel corso del quale è decorso il termine di un anno dalla data in cui l’imposta diviene esigibile.

In caso di incasso parziale o frazionato del corrispettivo, l’IVA diviene esigibile, ed è perciò computata a debito nella liquidazione periodica di competenza, per la parte proporzionalmente corrispondente al rapporto fra la somma incassata e il corrispettivo complessivo dell’operazione.

Ugualmente, in caso di pagamento parziale o frazionato del corrispettivo al fornitore, il diritto alla detrazione dell’IVA può essere esercitato per la parte proporzionalmente corrispondente al rapporto fra la somma pagata e il corrispettivo complessivamente dovuto per l’operazione.

Poiché, nel regime dell’IVA per cassa, la riscossione e il pagamento delle fatture assumono una rilevanza decisiva ai fini della liquidazione dell’imposta, chi sceglie di applicare tale regime deve necessariamente disporre di adeguate procedure contabili idonee a rilevare tempestivamente (ossia entro i tempi necessari per effettuare la liquidazione dell’IVA) gli avvenuti incassi o pagamenti delle fatture nonché l’eventuale decorso del periodo annuale al termine del quale cessa il differimento dell’esigibilità dell’imposta. Peraltro, l’esatta individuazione del momento in cui l’incasso (o il pagamento) si deve considerare avvenuto può porre qualche dubbio laddove siano utilizzati mezzi di pagamento diversi dal denaro contante.

A tale proposito, è utile ricordare che nella circolare n. 20/E/2009 in relazione al “vecchio regime” dell’IVA per cassa e nella circolare 44/E/2012 in relazione al nuovo regime, l’Agenzia delle Entrate ha sostenuto,  ripetendo le stesse parole nei due diversi documenti, che “per individuare il momento del pagamento non effettuato per contanti … il cedente o prestatore farà riferimento alle risultanze dei propri conti dai quali risulta l’accreditamento del corrispettivo (es. assegni bancari, RI.BA, RID, bonifico bancario)”, in queste circolari quindi l’A.E. sembra sottintendere che l’incasso della RI.BA., in generale, costituisce il momento in cui l’IVA diventa esigibile.

Di seguito si analizzano i casi più frequenti di pagamenti non in contanti, basandoci sulla dottrina prevalente di autorevoli autori:

–       l’incasso con bonifico bancario si considera avvenuto alla cosiddetta data disponibile, ossia il giorno in cui si riceve la comunicazione dell’accreditamento;

–       il pagamento tramite assegno si considera effettuato alla data di consegna del titolo di credito al creditore, mentre non ha rilevanza la data in cui quest’ultimo soggetto procede al versamento dell’assegno sul proprio conto corrente;

–       il pagamento tramite carta di credito si realizza al momento di utilizzo della carta di credito;

–       per l’incasso ed il pagamento con Ri.Ba, il momento dell’accredito sul conto corrente degli effetti può essere diverso a seconda degli accordi con le banche. La presentazione di effetti alle banche, essendo una sorta di “finanziamento” che il cedente/prestatore ottiene dagli istituti di credito, si ritiene non possa essere confuso né identificato con l’incasso del corrispettivo nel rapporto cliente-fornitore. A supporto di tale affermazione, si evidenzia che esistono varie forme di presentazione degli effetti alle banche e il momento in cui sul conto corrente viene accreditata la disponibilità delle somme derivante dalle varie ricevute bancarie non sempre coincide con il momento in cui il cliente effettivamente paga il corrispettivo. Esistono, infatti, le c.d. RI.BA all’incasso e RI.BA allo sconto (queste ultime possono essere pro soluto o pro solvendo). Con riferimento alle RI.BA all’incasso, la banca assume l’impegno di riscuotere la somma indicata nella RI.BA alla data evidenziata. In questo caso, quindi, il momento del pagamento è quello nel quale il cliente onora la ricevuta bancaria, e quello dell’incasso sarà costituito dal conseguente accredito della somma nel c/c del fornitore o prestatore. Con riferimento alle RI.BA allo sconto pro soluto, il fornitore/prestatore ottiene la soddisfazione del credito nel momento stesso nel quale ottiene il corrispettivo dalla banca. Sarà questo il momento nel quale l’IVA indicata nella fattura diviene esigibile. Per il cliente, invece, il momento della detraibilità dell’IVA e deduzione del costo, al contrario, coincide col momento in cui lo stesso  onora la RI.BA.

Quando, invece, la RI.BA allo sconto è pro solvendo, non si ha più la certezza dell’incasso del corrispettivo. Infatti, il versamento della somma effettuato dalla banca al fornitore ha la natura di un mero anticipo che verrà recuperato dalla medesima qualora il cliente non onorasse il debito. In questo caso si ritiene che, al fine di seguire l’effettivo momento dell’incasso da parte della banca, occorre istituire un sistema di comunicazione da parte della banca volto a seguire il momento del pagamento ovvero del mancato pagamento del cliente. Nelle more del sistema di comunicazione, in un’ottica di semplificazione, potrebbe essere opportuno, in modo convenzionale al fine di semplificare l’accessibilità al regime, individuare il momento dell’“accreditamento” nella data di scadenza degli effetti.

Per quanto riguarda, invece le RI.BA al “dopo incasso”, che fondamentalmente nel caso in esame costituiscono mera “garanzia” rispetto ad un funzionamento ad “elastico” del fido, ancora una volta è evidente che il cliente non sta onorando quanto pattuito, in quanto sarà chiamato al saldo della prestazione o della fornitura solo rispetto alle tempistiche di pagamento concordate.

In conclusione è evidente che il caso delle RI.BA. è quello più complesso nell’individuazione del momento d’incasso della fattura.

Si raccomanda per questo motivo un comportamento prudenziale da parte degli operatori economici, vista l’interpretazione assai generica e quindi oscura, che ne dà l’Agenzia delle entrate. Su questo punto, infatti, sarebbe auspicabile un chiarimento in futuro da parte della stessa.

In conclusione, non si può fare a meno di osservare come la gestione amministrativa dell’IVA per cassa non sia affatto semplice. Si tratta di una gestione che indubbiamente comporta un aumento sia degli oneri amministrativi, sia del rischio di incorrere in sanzioni tributarie per errata imputazione temporale delle fatture emesse e ricevute ai fini della liquidazione del tributo: ciò può verificarsi soprattutto in caso di pagamenti parziali o frazionati o in ipotesi di pagamenti cumulativi e, perciò, non facilmente riferibili alle singole fatture.

E’ evidente, quindi, che la “dimenticanza”, così come ipotizzata, comporta l’erronea liquidazione dell’IVA (tanto di quella esigibile, quanto di quella detraibile). Pertanto, si esorta ad adottare misure di controllo, anche “incrociato”, dei pagamenti eseguiti e degli incassi effettuati così da avere la completa certezza di come operare di mese in mese: prima nota, estratto mensile del conto corrente e delle carte di credito, e una corretta gestione del software sono sicuramente validi strumenti per monitorare i flussi finanziari a fini IVA.

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