La questione che qui si intende affrontare non è di facile soluzione, dal momento che finora l’Amministrazione finanziaria non si è espressa a sufficienza sull’argomento; nel tempo la dottrina ha indicato alcune soluzioni operative praticabili, in linea con il dettato normativo e i pochissimi chiarimenti offerti dall’Agenzia delle Entrate.
Prima di esaminare brevemente le soluzioni operative praticabili è bene svolgere alcune brevi considerazioni riguardo alla corretta individuazione del mese o trimestre in cui inserire le operazioni, siano esse attive o passive. A riguardo delle operazioni di importazione, l’Amministrazione finanziaria non ha fornito specifiche indicazioni, per cui si ritiene applicabile il principio generale, sancito dalla circolare 21.10.2010 n.53/E, ai sensi del quale il momento rilevante per determinare il periodo in cui comprendere le importazioni nella comunicazione dovrebbe essere quello della data di registrazione delle bollette doganali nel registro dell’art. 25, D.P.R. n.633/1972 (registro acquisti). Tale principio (a cui fa riferimento anche la circolare Assonime n.35/2010) dovrebbe valere anche nel caso di importazioni in cui vengono registrati due documenti – uno nei registri Iva (la bolletta doganale) e uno in contabilità generale (la fattura del fornitore estero).
Detto questo, e premesso che si tratta di importi che di regola debbono essere inseriti nei righi A19 e A20 della comunicazione, i comportamenti attuabili, a detta della dottrina, sono i seguenti:
– inserire nel rigo A19 l’importo corrisposto al fornitore estero e nel rigo A20 l’Iva addebitata in dogana. Questa soluzione tuttavia determina una non coincidenza tra l’imponibile e l’imposta indicata in comunicazione (l’imponibile su cui viene calcolata l’Iva in dogana tiene infatti conto nella base imponibile anche di altri elementi quali i dazi, le spese assicurative ecc.). Si precisa, a riguardo, che la mancata coincidenza non costituisce errore bloccante nell’invio della comunicazione;
– inserire nel rigo A19 il valore del bene in dogana (comprensivo, quindi di dazi, spese di trasporto, assicurazione, ecc.) e nel rigo A20 l’Iva effettivamente addebitata in dogana. Questa soluzione se da un lato determina la corrispondenza tra imponibile e Iva indicato nella comunicazione, dall’altro comporta la perdita della coincidenza con quanto effettivamente corrisposto al fornitore estero.
A nostro avviso, in piena condivisione con la dottrina e quanto indicato dalla circolare 21.10.2010 n.53/E secondo il quale nella comunicazione va indicato l’importo complessivo delle operazioni effettuate e della relativa imposta, si suggerisce di seguire la seconda soluzione tra quelle qui sopra illustrate (che prevede l’inserimento di importi di valore più elevato).