Non a caso, infatti, consultando il sito della Camera di Commercio di Padova, è evidente come venga qualificato come “commerciante all’ingrosso” quel soggetto che “acquista merci in nome e per conto proprio e le rivende ad altri commercianti (all’ingrosso o al dettaglio), ad utilizzatori professionali (industriali, artigiani, professionisti) o ad utilizzatori in grande (comunità, ospedali, enti pubblici, ecc.)”.
E’ evidente, quindi, che stando alla definizione appena citata, l’attività descritta nel quesito ricade appieno nell’alveo del commercio all’ingrosso di prodotti alimentari.
Prima di proseguire oltre, è bene precisare che, a seguito di contatti telefonici intercorsi con la Camera di Commercio, non si può effettuare l’attività di commercio all’ingrosso negli stessi locali in cui si svolge quella al dettaglio, proprio come nel caso della somministrazione di alimenti e bevande.
Indipendentemente, quindi, dall’ammontare dei ricavi derivanti da questa tipologia di vendite (commercio all’ingrosso), è opportuno procedere con apertura di un ulteriore codice attività, nonché presentare idonea documentazione alla Camera di Commercio (cosiddetta SCIA). Oltre a questo adempimento burocratico, si dovrà aprire un’ulteriore unità locale, che verrà eletta proprio nel sito prescelto per il magazzinaggio e la distribuzione della merce. Proprio in virtù dell’apertura di un’ulteriore unità locale, al momento del pagamento del diritto camerale annuale, si sarà tenuti ad un maggior versamento: sul punto si ricorda che questo pagamento è proporzionale non solo ai ricavi, ma anche al numero di unità locali denunciate.
Sempre per quanto riguarda l’apertura dell’attività di commercio all’ingrosso si fa presente che il titolare dovrà essere in possesso dei requisiti “ex REC”, cioè di quelle qualità morali e professionali di cui all’art. 71 D.Lgs. n. 59/2010 che l’impresa deve comunicare di possedere contestualmente all’avvio dell’attività.
Infine, senza dilungarci oltre ma solo per completezza sull’argomento trattato, vista la rilevanza della problematica sollevata, si fa presente che il caso proposto è di notevole importanza in quanto concerne una fattispecie che si verifica di frequente in occasione delle attività di controllo svolte dall’Amministrazione Finanziaria, e cioè quella in cui l’imprenditore possa detenere beni regolarmente acquistati in un deposito non denunciato (sul punto si veda ad esempio la sentenza di Cassazione n. 3435 del 2008).
In questa situazione, infatti, potrebbero sorgere presunzioni di acquisto e/o cessione di beni in frode I.V.A., qualora non solo il luogo di deposito non sia denunciato, ma anche qualora emergano differenze inventariali non adeguatamente giustificabili in quanto lo scarico delle merci, la consegna a terzi e/o lo smistamento logistico delle stesse dal deposito non risultano da alcun registro.